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Test di verifica

pag. 308

1)

a) Per Toennies nella "società" tendono a prevalere rapporti di natura utilitaristica. V
b) Secono Pareto, le azioni umane non sono sempre logiche. V
c)Durkheim è il principale ispiratore delle cosiddette "sociologie comprendenti" F
d)Secondo Park, l'ampiezza della popolazione urbana favorisce il controllo sociale nei confronti delle condotte devianti F


2)
 a)Per Webwe, l'azione del dottor Bianchi è "strumentale"
 b)Quale padre dei seguenti "padri fondatori" della sociologia, sostiene la tesi del primato sull'individuale?

3)
a) Per Weber,modello interpretativo elaborato dal ricercatore- Tipi ideali
b) Per Pareto, razionalizzazioni addotte degli individui a sostegno della loro condotta-derivazione

4)
Comte enuncia la legge dei tre stadi
Il primo stadio ->"teologico, dove i fenomeni naturali e storico-sociali vengono spiegati come prodotto dell'azione divina
Il secondo stadio->"metafisico" ,dove si tende a sostituire gli dei con entità astratte
Il terzo ed ultimo stadio->"positivo" dove l'uomo previene una conoscenza scientifica dei fenomeni.

5)
Secondo Comte la fisica sociale è divisa in due Branche

  • la statica sociale - che mira a chiarire la struttura del sistema stesso
  • la dinamica sociale- che studia lo sviluppo del sistema stesso
6)Con il termine "ideologia", Marx pone una rappresentazione falsata della realtà, che viene elaborata dai membri di una certa classe sociale per difendere i loro interessi e il proprio operato, ma presentata nella forma di una verità oggettiva e condivisibile.

7)Lui cerca di interpretare il fenomeno delle morti volontarie/suicidi come un fatto sociale

 Durkheim ha scoperto/pensa che le persone si suicidano per le circostanze (l'integrazione sociale è debole,l'individuo fatica a trovare la propria individualità,viene meno il potere della società di disciplinare le passioni dell'individuo.

8)Per Weber le "azioni affettive" sono azioni che nascono da semplici bisogni emotivi del soggetto. Queste azioni affettive fanno parte delle quattro azioni sociali che lui ha identificato: azioni strumentali, azioni morali, azioni affettive e azioni tradizionali.

9)
Durkheim: ha contribuito alla nascita della sociologia tramite lo studio del suicidio
Weber : ha contribuito alla nascita della sociologia parlando delle azioni sociali
Pareto: ha contribuito alla nascita della sociologia grazie alla sua classificazione
Marx: ha contribuito alla nascita della sociologia capendo come la posizione sociale affligge l'uomo
Comte: ha contribuito alla nascita della sociologia con la sua legge dei tre stadi

10)
  • logiche azioni in cui la connessione tra "mezzi" e "fini" presente nella mente del soggetto ha un rispondenza oggettiva nella realtà
  • non-logiche azioni in cui questa rispondenza manca
11)Park dice che i fenomeni sociali debbano essere compresi in relazione a quei meccanismi di competizione, selezione e adattamento che secondo la biologia, sono alla base del rapporto tra organismi e il loro ambiente- ecologia umana

Pag 296 Domande

1) Che cos'è la legge dei tre stadi

Comte ritiene che l'umanità sie giunta a una tappa fondamentale dalla sua evoluzione, ovvero al momento dell'affermazione dello spirito scientifico, per spiegare e argomentare questa evoluzione egli enuncia la "legge dei tre stadi", facendo riferimento alla conoscenza umana e al suo tentativo di spiegare la realtà fisica e sociale.

Il primo stadio ->"teologico, dove i fenomeni naturali e storico-sociali vengono spiegati come prodotto dell'azione divina

Il secondo stadio->"metafisico" ,dove si tende a sostituire gli dei con entità astratte

Il terzo ed ultimo stadio->"positivo" dove l'uomo previene una conoscenza scientifica dei fenomeni.

2) Quale è stata l'importanza di Marx per la sociologia?
La riflessione di Karl Marx mette in luce la visione illusoria e contorta che si ha della società e di come il punto di vista degli uomini/la tendenza a elaborare una visione della realtà  sia condizionata dalla loro posizione sociale e dagli interessi a essi connessi

3) In che senso Durkheim parla di "dimensione sociale" del suicidio
Lui cerca di interpretare il fenomeno delle morti volontarie/suicidi come un fatto sociale
Durkheim distingue 3 condizioni


  • quando l'integrazione sociale è debole e l'individuo finisce per far capo solo a se stesso: suicidio egoistico
  • quando l'individuo fatica a trovare la propria individualità e ripone la propria essenza in un valore collettivo più alto: suicidio altruistico
  • quando viene meno il potere della società di disciplinare le passioni dell'individuo: suicidio anomico
4)Che cos'è un "tipo ideale" e qual è la sua utilità per l'indagine sociologica?
I tipi ideali sono modelli interpretativi generali, che il ricercatore elabora  a partire dalla realtà empirica selezionando o accentuando determinati aspetti di questa realtà, al fine di creare una configurazione più unitaria
Il tipo ideale funziona come un modello di riferimento rispetto al quale inquadrare i singolo casi, è utile per stabilire confronti e correlazioni tra i fenomeni oggetto di ricerca.

5) A chi si deve l'espressione "disincantamento del mondo" e a che cosa si allude?

Questa espressione si deve a Karl Marx.
Con disincantamento del mondo si intende venir meno degli aspetti magici e religiosi della vita

6) Quale è il contributo da Pareto allo sviluppo della sociologia?
Nelle intenzioni di Pareto la sociologia è un corpus di concetti e dottrine che riguardano, in generale la società, il diritto, la morale politica.
Il fulcro di tali questioni è l'agire/le azioni unano/umane:

  • logiche azioni in cui la connessione tra "mezzi" e "fini" presente nella mente del soggetto ha un rispondenza oggettiva nella realtà
  • non-logiche azioni in cui questa rispondenza manca

7)Cosa intende Park per "ecologia umana"?
Park dice che i fenomeni sociali debbano essere compresi in relazione a quei meccanismi di competizione, selezione e adattamento che secondo la biologia, sono alla base del rapporto tra organismi e il loro ambiente.

8) In che senso, secondo Park, la realtà urbana produce nuovi "tipi umani"?
Lui nota come la divisione del lavoro conseguente all'urbanizzazione abbia creato nuove figure professionali e nuove istituzioni e organizzazioni che sostituiscono le tradizionali reti di relazioni tra le persone. Queste realtà creano nuovi "tipi" umani e nuove dinamiche relazioni.

La società: di che cosa parliamo?

I termini del problema
L'etimologia della parola può aiutarci ad abbozzarne una definizione: la sociologia è un discorso scientifico sulla società (dal latino societas, "società", e dal greco idgos, "discorso", "ragionamento" e, traslatamente, "scienza"). Questa definizione pone alcuni interrogativi e problemi. 
Infatti, non solo la sociologia ma tutte le scienze sociali psicologia, psicologia sociale, antropologia hanno per oggetto la società.
Che cos'è propriamente la società? A quali condizioni un fenomeno può dirsi "sociale"? E quali sono gli ambiti specifici del discorso sociologico, cioè la prospettiva particolare con cui esso esamina i fenomeni sociali?
Sono proprio questi interrogativi di fondo ad avere mosso la riflessione dei primi sociologi, e le diverse risposte date dai vari pensatori a queste domande hanno contribuito a delineare l'evoluzione storica della disciplina


Le due "faccie" della società
Il termine società è utilizzato in contesti molteplici e differenti. 
Parliamo comunemente di società "sportive", società "per azioni"...

Tutti questi usi possono essere ricondotti a due accezioni principali
  Il termine "società" definisce una associazione di più persone che si uniscono per perseguire scopi comuni
 dall'altro lato, il tennine 'società' indica qualcosa di più specifico, ossia la particolare organizzazione  definita da precisi ordinamenti, strutture, modelli di comportamento e di intenzione tra gli individui che caratterizza una collettività in un dato punto dello spazio e/o del tempo: è questo il significato che il termine assume in espressioni come "società contemporanea", "società occidentale" e in altre locuzioni simili

la società come destinazione propria dell'esistenza umana; 
la società come appartenenza a un contesto sociale determinato. Proviamo a esaminare separatamente queste due prospettive.


La società come destinazione: Aristotele e Hobbes
Nella prima accezione, la socialità si identifica con la spinta associativa che induce l'uomo per tendenza spontanea o per altre necessità inevitabili a unirsi con i suoi simili. Questa interpretazione emerge nella riflessione filosofica antica e moderna, e può essere illustrata attraverso due autori paradigmatici, anche se tra loro cronologicamente e culturalmente distanti: Aristotele e Hobbes.

La società secondo Aristotele
In uno scritto che la tradizione ci ha consegnato con il titolo di Politica, il filosofo greco Aristotele (IV secolo a.C.) definisce l'uomo "animale sociale, ossia incapace di realizzare il bene e di conseguire la felicità al di fuori della comunità e dell'unione con altri individui. Secondo Aristotele. chi costituisse un'eccezione a questa inclinazione sarebbe un essere o spregevole o più che umano, cioè un dio. La società, per Aristotele, si forma grazie al progressivo ampliamento dell'istinto associativo, che spinge dapprima uomo e donna a mettersi insieme per formare una famiglia, poi più famiglie a unirsi per costituire un villaggio, e infine più villaggi per formare un'entità più grande, ciò che nella lingua greca si chiama pais (città, Stato).

La società secondo Hobbes
In epoca moderna la questione della socialità dell'essere umano riemerge nella riflessione di Thomas Hobbes, il filosofo inglese che nelle sue opere, in particolare nel Leviarano e nel saggio sul Cittadino, teorizza la concezione assolutistica dello Stato.
Discostandosi dall'interpretazione aristotelica, Hobbes considera l'uomo un essere fondamentalmente "asociale", che ricerca l'associazione con altri individui solo perché spinto da motivazioni utilitaristiche, cioè per trame vantaggi e benefici personali.
Secondo Hobbes, infatti, nello stato di natura non esistono né norme, né valori, né criteri ceni di condotta: la lotta per la sopravvivenza è l'unico movente che guida le azioni degli individui, minacciando in questo modo l'esistenza di ognuno. In tale situazione gli uomini non potrebbero resistere a lungo, o sarebbero comunque condannati a vivere nel continuo terrore della morte. Ecco allora che si rende necessario l'approdo a una nuova condizione quella sociale , in cui la sottomissione cosciente di tutti alle norme garantisce a ciascuno la possibilità di condurre un'esistenza tranquilla e sicura.
Sociale o asociale? 
Sia Aristotele sia Hobbes riconoscono dunque nella società la destinazione irrinunciabile dell'esperienza umana: o per istinto naturale, o per drammatica necessità, l'uomo non può vivere al di fuori di essa. Ciononostante, nei due autori non troviamo una "sociologia", cioè un discorso sulla so


cietà, ma piuttosto un'antropologia, ovvero un discorso sull'uomo, che precede quello sulla società e lo rende possibile Entrambi, infatti, convergono nell'assegnare all'uomo una "natura" cioè un insieme di qualità e inclinazioni preesistenti a ogni influsso o inquadramento sociale, anche se poi divergono nel momento in cui passano a identificare le caratteristiche di una tale "natura":
·         da una parte, Aristotele sostiene che l'uomo è "per natura" un animale sociale,
·         dall'altra, Hobbes afferma che l'uomo è 'naturalmente" egoista, portato a cercare di ottenere dai propri simili solo vantaggi e benefici personali.
 La società come appartenenza 
II secondo significato della socialità umana a cui abbiamo fatto riferimento non pone l'accento sulla destinazione naturale di ogni individuo, ma sulla sua appartenenza sociale. L'esistenza umana non si svolge solo e genericamente In società", cioè in reciproca relazione con altre esistenze, ma in una società determinata', all'interno della quale l'individuo compie, nel breve spazio della sua vita, le esperienze comuni a ogni essere umano: crescere imparare conoscere nuove persone, operare scelte autonome nel campo affettivo e in quello professionale E questa società determinata non è soltanto l'ambito in cui tali eventi si producono, ma la condizione stessa della loro possibilità di manifestarsi: ogni esperienza di cui l'uomo è protagonista avviene all'interno di un contesto di norme, di valori, di modelli di azione e di valutazione socialmente determinati, al di fuori dei quali non potrebbe né accadere né essere compresa adeguatamente (41.a teoria nei fatti]. E proprio la consapevolezza di questo aspetto a rappresentare la specificità della sociologia, lo "sguardo" particolare con cui il sociologo si rapporta al mondo umano e alla molteplicità delle situazioni in cui questo si articola

L'immaginazione sociologica
CHE COS'E'

La socialità che caratterizza l'essere umano e a cui si rivolge specificamente lo sguardo del sociologo va intesa principalmente come appartenenza di ogni uomo a un contesto sociale determinato, che struttura in profondità la sua esperienza di vita. 
Il senso di questa appartenenza presuppone la capacità di identificare la "società" con un'entità a sé stante, isolandola dal contesto degli eventi quotidiani e personali in cui siamo immersi. 
Il sociologo statunitense 
Charles WrIght Mills  chiama questa capacità Immaginazione sociologica: in virtù di essa ogni uomo può arrivare a comprendere se stesso come «punto di intersezione tra biografia e storia», cioè a cogliere, oltre alla trama delle sue vicende personali, l'ordito dei più ampi quadri storico istituzionali in cui le sue vicende personali si collocano.

A CHE COSA SERVE
Due sono, per l'autore le implicazioni più significative di questa capacità immaginativa: 

-saper collocare gli eventi in un determinato contesto sociale; 
-saper leggere più lucidamente le proprie vicende personali. 

l'immaginazione sociologica consente di intervenire sulle cognizioni spesso superficiali che l'uomo tende a elaborare su se stesso e sull'ambiente in cui vive.
Dall'altro lato, l'immaginazione sociologica ha, secondo l'autore, un ulteriore importante effetto: la capacità di °educare le persone a leggere le proprie esperienze individuali con maggiore lucidità e profondità, cogliendo in esse, al di là del loro darsi immediato, l'emergere di temi e problemi di interesse pubblico.
l'immaginazione sociologica permette all'individuo di trasformare il disagio In consapevolezza attiva, capace di orientare il suo pensiero e il suo agire in direzioni ragionevoli.  All'interno dello scenario sociale da cui non può prescindere l'individuo resta comunque soggetto attivo delle sue scelte, e anzi contribuisce con esse a dare forma al mondo sociale In cui vive.

Dai media ai mass media, ai new media

I mass media sono mezzi di comunicazione cartacei o elettronici che, a differenza dei semplici media, si rivolgono a un grande numero di utenti.
Categoria dei mass media
stampa
cinema
radio
televisione
internet





I mass media si rivolgono sempre a un grande numero di utenti: migliaia, centinaia di migliaia, addirittura milioni, come nel caso delle trasmissioni radiofoniche e televisive quotidiane.

Spesso queste 'masse di ascoltatori o spettatori sono raggiunti da messaggi emessi simultaneamente da un'unica fonte: è il caso delle trasmissioni radiofoniche dei programmi televisivi o dei collegamenti Internet con o senza fili.
I libri e le pubblicazioni periodiche, invece, sono oggetti materiali e devono fare i conti con i meccanismi della distribuzione commerciale 


Secondo McLuhan e alcuni suoi seguaci  le conseguenze dell'avvento del media elettrici, e successivamente elettronici, sono Incalcolabili, perché non concernono soltanto la maggiore rapidità ed efficienza delle comunicazioni, ma investono anche la qualità dei rapporti sociali, arrivando a trasformare internamente l'uomo e avviando cosi quella che può essere definita come una vera e propria “rivoluzione antropologia”


McLuhan stabilisce anche un ardito collegamento tra gli uomini contemporanei egli abitanti dei villaggi primitivi: entrambi, Infatti, vivono in comunità tenute insieme da legami fondati sull'emotività, più che sulla ragione, in cui la diffusione delle notizie è affidata a un veloce "tam tam"orale (veicolato dai tamburi nei villaggi primitivi, e dai telegiornali nelle società di oggi), che in pochi minuti rende tutti partecipi di ciò che può interessare il gruppo 

 il villaggio globale, una comunità grande quanto l'in-tero nostro pianeta, in cui gli uomini abitano - virtualmente - in più luoghi e vivono più vite, poiché per effeuo dei media elettronici si sentono emotivamente vicini ai loro simili e partecipano intensamente a eventi accaduti a migliaia di chilometri di distanza.

Dalla cultura orale ai media

Dalla cultura orale ai media

Il pensiero umano è inseparabile dalla sua espressione linguistica: senza la parola e senza quegli strumenti che, a cominciare dalla scrittura, hanno reso possibile la comunicazione di esperienze e la condivisione di visioni del mondo, elaborazioni poetiche, racconti mitici ecc, sapremmo ben poco di noi stessi e delle generazioni che ci hanno preceduti. la socialità umana sarebbe ferma a un livello primitivo, paragonabile a quello degli animali a noi più simili, gli scimpanzé, dai quali ci separa solo una minima porzione differente di mia. 
Privi della possibilità di registrare, archiviare e conservare la memoria di eventi sociali e culturali gli uomini non sarebbero stati in grado di elaborare le nozioni esplicative della propria storia, come quelle di cultura, società, mutamento, sviluppo, progresso, libertà, giustizia ecc. 


Potere e limiti della parola
Home sapiens sapiens visse per molto tempo sulla Terra senza conoscere la scrittura conoscendo solo l'espressione orale. L'espressione orale può esistere senza la scrittura
Le culture che non conoscono la scrittura sono definite dagli studiosi culture a oralità primaria.
Per loro la memoria, l'unico 'strumento* per conservare e trasmettere il sapere

Per facilitare la memorizzazione, il pensiero viene espresso mediante
formule  standard
frasi fatte
proverbi
massime

In queste culture, la comunicazione interpersonale avviene faccia a faccia in quanto si da molta importanza allo scambio immediato.

Nel discorso orale il significato delle parole non è rigidamente fissato perché può cambiare a seconda delle situazioni.           


La comunicazione orale, tuttavia, presenta alcuni limiti:
  non è persistente;
non supera una cena distanza spaziale;
  coinvolge un numero modesto di persone.

La dimensione culturale della malattia

Il presupposto dell'approccio etnologico alle forme del sapere scientifico è che le elaborazioni cognitive sono culturalmente situate: ne segue che le visioni del mondo, le interpretazioni dei fenomeni naturali e i modi di curare le malattie possono variare in relazione agli ambienti sociali in cui sono stati prodotti.
Nel campo della cura delle malattie, le società tribali o tradizionali studiate dagli antropologi si accostano alla diagnosi e alla terapia dei disturbi del corpo e della mente secondo modalità differenti da quelle.
In uso nella medicina occidentale, che nella maggior parte dei casi si fonda su di una visione “organicistica”. per cui sintomi e malesseri hanno quasi sempre una causa biologica, insita nel corpo
Particolarmente interessante è lo studio etnologico delle malattie mentali condono dall’etnopsichiatria, un'area disciplinare che coinvolge antropologi, epidemiologi e psicologi clinici e studia i disturbi psicologici nelle di-verse culture. Essa analizza anche il ruolo del contesto cul-turale nella manifestazione dei sintomi, cercando di capire in che modo il disturbo è interpretato nelle società in cui si presenta e domandandosi se i metodi di cura praticati in determinate culture sono efficaci ed esportabili presso popolazioni differenti
Durante il periodo coloniale, era abbastanza diffusa la convinzione che i popoli tribali non fossero affetti da disturbi mentali, in quanto immuni dagli stress della vita moderna. Era un'opinione discutibile, fondata su Informazioni indirette (ad esempio, testimonianze di viaggiatori) o osservazioni condotte negli ospedali coloniali
Ma ricerche sul campo condotte in seguito hanno modificato il quadro:
hanno dimostrato l'universalità di disturbi come la sindrome schizofrenica o gli stati depressivi
dall'altro hanno migliorato la conoscenza dei cosiddetti disturbi etnici, patologie del comportamento che compaiono presso un popolo e non trovano riscontro presso culture differenti.

Disturbi:
L'amok é una sindrome tipica dei Malesi, che ha inizio quando un uomo si ritiene gravemente offeso e prosegue con un suo periodo di isolamento, al termine del quale l'individuo coinvolto rientra al villaggio furibondo e si mene a correre all'impazzata, colpendo con cieca violenza chiunque gli capiti vicino.

Il latah, un disturbo caratterizzato dalla ripetizione automatica di parole, discorsi e azioni fatti da altri, talora con accompagnamento di parole oscene

Georges Devercux (1908-1985), etnologo francese, tra i fondatori dell'etnopsichiauia, ha descritto la sindrome di Cane Pazzo, osservata presso gli Indiani nord-americani Crow, di lingua Sioutc. Cane Pazzo è un giovane guerriero che si comporta in modo bizzarro e provocatorio, causando disturbo e tensioni nella vita sociale, ma è eroico in battaglia e si espone senza paura ai nemici. Di solito, prima di diventare Cane Pazzo, l'individuo in questione ha subito una frustrazione, ad esempio non è riuscito a dimostrare il proprio valore dopo essersene vantato con tutti e per questo si è coperto di disonore.

Il racconto mitico

I miti sono narrazioni che esprimono in un linguaggio fantasioso e ricco di immagini temi fondamentali come l'origine del mondo, la nascita degli dei, i rapporti degli uomini tra loro e con altri esseri viventi. 
Sono definiti anche "racconti fondativi" perché in molti casi servono a spiegare o giustificare una situazione presente cercandone le origini nel passato.
In sostanza, tutte le società hanno elaborato dei miti, tuttavia ci sono delle differenze importanti tra la funzione che i miti svolgono nelle culture prive di scrittura e il loro ruolo nelle società che hanno elaborato un pensiero scientifico e ricostruiscono criticamente il loro passato attraverso l'indagine storiografica
Nelle culture tribali il sapere è tramandato oralmente, il mito serve a organizzare il tempo e a definire il rapporto tra passato e presente


Levi strauss
L'analisi dei miti è uno dei punti di forza dell'antropologia strutturale di Lévi-Strauss, che a questo tema ha dedicato il ciclo delle Mitologiche, comprendente 4 volumi: 
Il crudo e il cotto (1964)
Dal miele alle ceneri (1966)
L'origine delle buone maniere a tavola (1968)
L'uomo nudo (1971)
Nei titoli di questi volumi c'è un richiamo al passaggio dalla natura alla cultura (la cottura, le ceneri, le buone maniere), che costò all'umanità la rottura definitiva dell'unità tra mondo celeste e mondo terrestre; di questo passaggio il mito è stato la voce narrante sia per cercarne delle spiegazioni sia per rievocare nostalgicamente un'età dell'oro tramontata per sempre
Lévi-Strauss considerare il mito in se stesso e porlo in relazione con altri miti allo scopo di individuare una sorta di grammatica sottesa ai racconti.

Per 20 anni lui si immerse in un mondo variopinto e caotico di storie apparentemente senza capo nè coda, che a un'attenta analisi rivelarono però dei punti fermi:


  • l'esistenza di "mitemi", ovvero di nuclei narrativi di base ricorrenti in moltissimi miti: il bambino  rapito dall'orco, la giovane donna sedotta da un imbroglione che si spaccia per suo sposo...
  • Il secondo punto fermo è il modo in cui i nuclei narrativi si combinano tra loro nello sviluppo della storia
Al termine del suo immenso lavoro Lévi-Strauss comprese che la costruzione dei racconti mitici non è del tutto libera ma obbedisce a un certo numero di regole, paragonabili a quelle che presiedono all'articolazione del linguaggio parlato: dopo la scoperta delle strutture della parentela, l'analisi paziente dell'etnologo portò alla luce le strutture del mito: non contenuti o funzioni, ma regole di trasformazione e combinazione dei nuclei narrativi