La società: di che cosa parliamo?

I termini del problema
L'etimologia della parola può aiutarci ad abbozzarne una definizione: la sociologia è un discorso scientifico sulla società (dal latino societas, "società", e dal greco idgos, "discorso", "ragionamento" e, traslatamente, "scienza"). Questa definizione pone alcuni interrogativi e problemi. 
Infatti, non solo la sociologia ma tutte le scienze sociali psicologia, psicologia sociale, antropologia hanno per oggetto la società.
Che cos'è propriamente la società? A quali condizioni un fenomeno può dirsi "sociale"? E quali sono gli ambiti specifici del discorso sociologico, cioè la prospettiva particolare con cui esso esamina i fenomeni sociali?
Sono proprio questi interrogativi di fondo ad avere mosso la riflessione dei primi sociologi, e le diverse risposte date dai vari pensatori a queste domande hanno contribuito a delineare l'evoluzione storica della disciplina


Le due "faccie" della società
Il termine società è utilizzato in contesti molteplici e differenti. 
Parliamo comunemente di società "sportive", società "per azioni"...

Tutti questi usi possono essere ricondotti a due accezioni principali
  Il termine "società" definisce una associazione di più persone che si uniscono per perseguire scopi comuni
 dall'altro lato, il tennine 'società' indica qualcosa di più specifico, ossia la particolare organizzazione  definita da precisi ordinamenti, strutture, modelli di comportamento e di intenzione tra gli individui che caratterizza una collettività in un dato punto dello spazio e/o del tempo: è questo il significato che il termine assume in espressioni come "società contemporanea", "società occidentale" e in altre locuzioni simili

la società come destinazione propria dell'esistenza umana; 
la società come appartenenza a un contesto sociale determinato. Proviamo a esaminare separatamente queste due prospettive.


La società come destinazione: Aristotele e Hobbes
Nella prima accezione, la socialità si identifica con la spinta associativa che induce l'uomo per tendenza spontanea o per altre necessità inevitabili a unirsi con i suoi simili. Questa interpretazione emerge nella riflessione filosofica antica e moderna, e può essere illustrata attraverso due autori paradigmatici, anche se tra loro cronologicamente e culturalmente distanti: Aristotele e Hobbes.

La società secondo Aristotele
In uno scritto che la tradizione ci ha consegnato con il titolo di Politica, il filosofo greco Aristotele (IV secolo a.C.) definisce l'uomo "animale sociale, ossia incapace di realizzare il bene e di conseguire la felicità al di fuori della comunità e dell'unione con altri individui. Secondo Aristotele. chi costituisse un'eccezione a questa inclinazione sarebbe un essere o spregevole o più che umano, cioè un dio. La società, per Aristotele, si forma grazie al progressivo ampliamento dell'istinto associativo, che spinge dapprima uomo e donna a mettersi insieme per formare una famiglia, poi più famiglie a unirsi per costituire un villaggio, e infine più villaggi per formare un'entità più grande, ciò che nella lingua greca si chiama pais (città, Stato).

La società secondo Hobbes
In epoca moderna la questione della socialità dell'essere umano riemerge nella riflessione di Thomas Hobbes, il filosofo inglese che nelle sue opere, in particolare nel Leviarano e nel saggio sul Cittadino, teorizza la concezione assolutistica dello Stato.
Discostandosi dall'interpretazione aristotelica, Hobbes considera l'uomo un essere fondamentalmente "asociale", che ricerca l'associazione con altri individui solo perché spinto da motivazioni utilitaristiche, cioè per trame vantaggi e benefici personali.
Secondo Hobbes, infatti, nello stato di natura non esistono né norme, né valori, né criteri ceni di condotta: la lotta per la sopravvivenza è l'unico movente che guida le azioni degli individui, minacciando in questo modo l'esistenza di ognuno. In tale situazione gli uomini non potrebbero resistere a lungo, o sarebbero comunque condannati a vivere nel continuo terrore della morte. Ecco allora che si rende necessario l'approdo a una nuova condizione quella sociale , in cui la sottomissione cosciente di tutti alle norme garantisce a ciascuno la possibilità di condurre un'esistenza tranquilla e sicura.
Sociale o asociale? 
Sia Aristotele sia Hobbes riconoscono dunque nella società la destinazione irrinunciabile dell'esperienza umana: o per istinto naturale, o per drammatica necessità, l'uomo non può vivere al di fuori di essa. Ciononostante, nei due autori non troviamo una "sociologia", cioè un discorso sulla so


cietà, ma piuttosto un'antropologia, ovvero un discorso sull'uomo, che precede quello sulla società e lo rende possibile Entrambi, infatti, convergono nell'assegnare all'uomo una "natura" cioè un insieme di qualità e inclinazioni preesistenti a ogni influsso o inquadramento sociale, anche se poi divergono nel momento in cui passano a identificare le caratteristiche di una tale "natura":
·         da una parte, Aristotele sostiene che l'uomo è "per natura" un animale sociale,
·         dall'altra, Hobbes afferma che l'uomo è 'naturalmente" egoista, portato a cercare di ottenere dai propri simili solo vantaggi e benefici personali.
 La società come appartenenza 
II secondo significato della socialità umana a cui abbiamo fatto riferimento non pone l'accento sulla destinazione naturale di ogni individuo, ma sulla sua appartenenza sociale. L'esistenza umana non si svolge solo e genericamente In società", cioè in reciproca relazione con altre esistenze, ma in una società determinata', all'interno della quale l'individuo compie, nel breve spazio della sua vita, le esperienze comuni a ogni essere umano: crescere imparare conoscere nuove persone, operare scelte autonome nel campo affettivo e in quello professionale E questa società determinata non è soltanto l'ambito in cui tali eventi si producono, ma la condizione stessa della loro possibilità di manifestarsi: ogni esperienza di cui l'uomo è protagonista avviene all'interno di un contesto di norme, di valori, di modelli di azione e di valutazione socialmente determinati, al di fuori dei quali non potrebbe né accadere né essere compresa adeguatamente (41.a teoria nei fatti]. E proprio la consapevolezza di questo aspetto a rappresentare la specificità della sociologia, lo "sguardo" particolare con cui il sociologo si rapporta al mondo umano e alla molteplicità delle situazioni in cui questo si articola

L'immaginazione sociologica
CHE COS'E'

La socialità che caratterizza l'essere umano e a cui si rivolge specificamente lo sguardo del sociologo va intesa principalmente come appartenenza di ogni uomo a un contesto sociale determinato, che struttura in profondità la sua esperienza di vita. 
Il senso di questa appartenenza presuppone la capacità di identificare la "società" con un'entità a sé stante, isolandola dal contesto degli eventi quotidiani e personali in cui siamo immersi. 
Il sociologo statunitense 
Charles WrIght Mills  chiama questa capacità Immaginazione sociologica: in virtù di essa ogni uomo può arrivare a comprendere se stesso come «punto di intersezione tra biografia e storia», cioè a cogliere, oltre alla trama delle sue vicende personali, l'ordito dei più ampi quadri storico istituzionali in cui le sue vicende personali si collocano.

A CHE COSA SERVE
Due sono, per l'autore le implicazioni più significative di questa capacità immaginativa: 

-saper collocare gli eventi in un determinato contesto sociale; 
-saper leggere più lucidamente le proprie vicende personali. 

l'immaginazione sociologica consente di intervenire sulle cognizioni spesso superficiali che l'uomo tende a elaborare su se stesso e sull'ambiente in cui vive.
Dall'altro lato, l'immaginazione sociologica ha, secondo l'autore, un ulteriore importante effetto: la capacità di °educare le persone a leggere le proprie esperienze individuali con maggiore lucidità e profondità, cogliendo in esse, al di là del loro darsi immediato, l'emergere di temi e problemi di interesse pubblico.
l'immaginazione sociologica permette all'individuo di trasformare il disagio In consapevolezza attiva, capace di orientare il suo pensiero e il suo agire in direzioni ragionevoli.  All'interno dello scenario sociale da cui non può prescindere l'individuo resta comunque soggetto attivo delle sue scelte, e anzi contribuisce con esse a dare forma al mondo sociale In cui vive.

1 commento:

  1. Bene i contenuti e inserimento domande di verifica, molto bene la cura del blog, meno l'aggiornamento ai "padri" della sociologia...

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